Marina di Carrara: a ricordo di tutte le vittime del fascismo

Sabato 27 Settembre 2014 si è svolta in mattinata a Marina di Carrara, nel parco giardino dedicato all'ex sindaco Puccinelli, una manifestazione a ricordo di tutte le vittime del fascismo.

Sono intervenuti ed hanno preso la parola LUCA RAGONI, presidente del consiglio comunale di Carrara, MARIO ARTALI, presidente nazionale della FIAP, ALESSANDRO CONTI, presidente provinciale ANPI, ed infine GIORGIO MORI, partigiano combattente, presidente onorario ANPI di Carrara. Ha concluso la mattinata il presidente della FIAP di Carrara Alfredo MAZZUCCHELLI.

Riportiamo qui sotto l’intervento di Mario Artali:

Signor Presidente del Consiglio Comunale,

Compagni ed amici delle Associazioni Partigiane,

Cittadini intervenuti alla manifestazione,

è per me un grande onore essere chiamato a pronunciare qualche parola in un luogo così suggestivo e denso di memorie.

Mi trovo, senza particolari meriti, a presiedere la Fiap di Parri e di Calamandrei, di Aniasi e di Greppi, e di molti dei nomi che spesso vengono citati nelle nostre manifestazioni, per i loro meriti, innanzitutto, ma anche perché la Fiap nacque proprio per consentire la più grande unità, rifiutando la divisione manichea del mondo in due verità contrapposte.

Appartengo ad una generazione che non ha partecipato alla Resistenza ma che ha avuto il privilegio di conoscere e frequentare alcuni degli uomini più coraggiosi di quella tragica fase della disfatta e della vergogna, tramutata, grazie al loro impegno ed al sacrificio di molti, nella fase dell’orgoglio e della rinascita.

Credo che nessuno lo abbia detto sinteticamente meglio di Pietro Nenni quando scandì: “la Resistenza, senza di cui l’Italia sarebbe passata senza un fremito di orgoglio dall’una all’altra occupazione militare straniera”

Qui siamo in contrade in cui nessuno può mettere in discussione l’entità ed il peso della Resistenza armata.

Eppure credo la valga la pena di ricordare come venga spesso sottovalutata l’efficacia che ebbe la Resistenza dal punto di vista militare, ma che la guerriglia fosse importante e come la strage di civili fosse uno strumento essenziale nella repressione antipartigiana lo conferma lo stesso maresciallo Kesserling , che non a caso dal maggio ’44 assume in prima persona la guida di tali azioni, prima affidata al comando supremo delle SS.

Scrive Kesserling nelle sue “Memorie di guerra”: “La lotta contro le bande doveva venir posta tatticamente sullo stesso piano della guerra al fronte(…) Costituire una percentuale di ostaggi in quelle località dove risultino essere bande armate e passare per le armi detti ostaggi tutte le volte che nelle località stesse si verificassero atti di sabotaggio (…) Compiere atti di rappresaglia fino a bruciare abitazioni poste nelle zone dove siano sparati colpi d’arma da fuoco contro reparti o singoli militari germanici. Impiccare nelle pubbliche piazze quegli elementi riconosciuti responsabili di omicidi e capi di bande armate.” (Albert Kesserling, Memorie di guerra, Garzanti,1954, p.260).

Una storia epica, in questa provincia ,quella condotta da 5000 partigiani e costata 629 caduti, 1250 mutilati e invalidi, 648 cittadini, donne, bambini, vecchi assassinati per rappresaglia e 15 paesi distrutti.

E le donne, quelle che per la loro abnegazione eroica Piero Calamandrei chiamò “formiche umane”: le donne che superando le montagne, trascinando carichi incredibili, attraversando le linee di combattimento, riuscirono a far sopravvivere la popolazione durante i 16 mesi dell’atroce guerra.

Le 18 medaglie d’oro ai partigiani di cui 13 alla memoria sono fra le testimonianze del leggendario valore in queste epiche battaglie per la la libertà.

Il gruppo “Lucetti” di Mazzucchelli, i Garibaldini del comandante Memo Brucellaria, le GL guidate da Fausto Chiericoni non diedero tregua al nemico.

Ed -a conferma- non fu ambiguo il riconoscimento solenne degli Alleati: “Non furono gli americani a liberare la vostra città. La liberazione fu possibile solo per l’apporto determinante delle formazioni partigiane”.

In questa Apuania di antiche tradizioni anarchiche, repubblicane e socialiste l’amore per la libertà e la giustizia è sempre stato profondamente radicato.

La Resistenza non nasce certo dopo l’8 settembre e neppure dopo il 25 luglio.

Quest’anno siamo nel settantesimo anniversario di quel terribile 1944 –il più terribile degli anni della guerra di liberazione- ma siamo anche nel 90° anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, e la Resistenza non sarebbe neppure immaginabile senza quel che l’ha preceduta nei lunghi anni neri dell’esilio, del carcere, della clandestinità in Patria.

Qui in particolare la repressione fu violenta. E’ ampia la lista degli assassinati e dei condannati, e tra essi Ugo Mazzucchelli, che dopo il carcere visse in clandestinità per due anni e per altri quattro lontano dalla sua città.

Ci furono gli anni –anche- della guerra di Spagna, dove si saldò, tra l’altro, quel clima di particolare rispetto tra orientamenti diversi, specie tra quelli più legati ad ideali di libertà e di autodeterminazione. “Oggi in Spagna, domani in Italia”, per dirla con uno dei più puri eroi della libertà, Carlo Rosselli.

Solo il prevalere del rispetto reciproco ha consentito non solo la convivenza ma la collaborazione che non a caso - a libertà riconquistata- produsse il lavoro di ricostruzione materiale e morale, che ha alla base –pur nella frequente disparità di opinioni – la Costituzione della Repubblica, valida come allora nei principi, anche se non nelle forme organizzative, inevitabilmente legate a fasi economico-sociali così diverse da quelle di quegli anni.

Ho iniziato parlando di un luogo suggestivo e denso di memorie.

Il monumento inaugurato il 23 settembre 1979 per iniziativa del Comune di Carrara e della Fiap, allora qui presieduta da Ugo Mazzucchelli, ci parla ancora per mezzo della stele marmorea da cui cadono figure umane lasciando l’impronta della propria sagoma.

Sacrificando la vita, le vittime senza volto e senza nome, aprono varchi liberatori nel muro dell’oppressione dispotica.

Sono messaggi che vengono lanciati alle generazioni viventi e a quelle che verranno, per far vivere la memoria storica di quella che fu la più grande tragedia dell’umanità.

"Lasciamo - disse Ugo Mazzucchelli - a quest’opera di parlare del passato e a noi, quindi, di preoccuparci dell’avvenire e della nostra capacità di difenderlo da una guerra che porterebbe alla distruzione dell’umanità'".

E’ la ragione del nostro impegno nel preservare la memoria : non dimenticare quanto costa la libertà.

“Quel che è accaduto si può ripetere”, scrisse Primo Levi dopo la liberazione di Auschwitz, e molte vicende nel mondo, in contrade solo apparentemente lontane, ci ammoniscono proprio a non dimenticare.

Tocca ora a noi, cadute le ragioni delle divisioni strategiche del dopoguerra, dare oggi impulso ad una unità senza esclusivismi ed egemonie: la storia ha vanificato molte scorciatoie e nuove unità sono ora possibili.

Solo così potremo esaudire l’auspicio di Sandro Pertini : “gli anziani ricordino, e i giovani sappiano”