Campo della gloria

Cerimonia al Campo della Gloria con deposizione di corone a ricordo dei partigiani, dei militari italiani caduti nella Guerra di Liberazione, dei cittadini milanesi deportati nei lager nazisti a seguito della opposizione al regime nazifascista e della persecuzione antisemita.

Intervergono:

Rappresentanti delle Istituzioni (Comune, Città Metropolitana, Regione Lombardia); Il Comandante del Presidio Militare; Un rappresentante della Diocesi milanese; Il Rabbino capo di Milano;

conclude il Presidente nazionale della FIAP a nome delle Associazioni Partigiane e Combattentistiche.

Siamo qui a 73 anni da quel 25 aprile del 1945 che segnò la riconquista della libertà ad onorare il sacrificio di quanti si batterono e dei tanti che diedero la vita.

Intervengo a nome di tutte le associazioni combattentistiche e partigiane ed in particolare a nome della Fiap–la Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane- fondata e presieduta sino alla sua scomparsa da Ferruccio Parri e che a Milano ha visto l’impegno attivo dei due grandi Sindaci venuti dalla Resistenza: Antonio Greppi alla Liberazione e poi il comandante “Iso”, Aldo Aniasi.

Era la voce di quella parte della Resistenza che –pur intransigente nella cospirazione e nella opposizione al fascismo - non subiva il fascino del “salto rivoluzionario” e del sogno che veniva dall’oriente e che oggi, come tutti, constata che molte delle antiche questioni sono cadute, travolte dalla storia, anche se c’è- o almeno a me così pare- un grave ritardo nella elaborazione di una piattaforma comune per le risposte da dare- anche sul piano delle istituzioni –alle difficoltà della Repubblica.

Siamo qui tutti insieme, e la articolazione in organizzazioni, la legittima sottolineatura dei diversi contributi a quella epica vicenda non contrasta con il dovere di rappresentarla per quello che è stata: un arcobaleno di colori, perché è la libertà che non sopporta semplificazioni monocolore.

Questo dovere non sempre è stato rispettato in questi 73 anni, ed è anche da questo grave ma forse inevitabile errore - la lotta politica ha le sue esigenze e molte cose sono cambiate dal tempo della guerra fredda e delle promesse di cambiamento radicale archiviate nel corso del Novecento- deriva oggi la difficoltà di far comprendere a tutti - e specie alle nuove generazioni -quanto la lotta per la libertà sia stata davvero il Secondo Risorgimento nazionale.

Se la percezione del valore della lotta per la libertà sembra essere oggi inferiore a quella di trent’anni fa non possiamo che attribuire a noi stessi ed ai nostri errori questa grave responsabilità.

Basta rileggere qualche carta del passato per rendersene conto e non voglio riferirmi solo all’area delle organizzazioni e delle culture che si riconobbero e continuano a riconoscersi nella Fiap.

Rileggiamo qualche brano della appassionata ed antiretorica rivendicazione di Alcide De Gasperi il 10 agosto del 1946 alla Conferenza di Pace di Parigi : "Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me: e soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa considerare come imputato e l’essere citato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e faticosa elaborazione."

E prosegue: "Ora non v’ha dubbio che il rovesciamento del regime fascista non fu possibile che in seguito agli avvenimenti militari, ma il rivolgimento non sarebbe stato così profondo, se non fosse stato preceduto dalla lunga cospirazione dei patrioti che in Patria e fuori agirono a prezzo di immensi sacrifici, senza l’intervento degli scioperi politici nelle industrie del nord, senza l’abile azione clandestina degli uomini dell’opposizione parlamentare antifascista .....che spinsero al colpo di stato."

De Gasperi cita quella che definisce "la formulazione così stentata ed agra della cobelligeranza": “delle Forze armate italiane hanno preso parte attiva alla guerra contro la Germania”.

"Delle Forze ? Ma si tratta di tutta la marina da guerra, di centinaia di migliaia di militari per i servizi di retrovia, del “Corpo Italiano di Liberazione”, trasformatosi poi nelle divisioni combattenti e “last but non least” dei partigiani, autori soprattutto dell’insurrezione del nord…….

Diciotto mesi durò questa seconda guerra, durante i quali i tedeschi indietreggiarono lentamente verso nord spogliando, devastando, distruggendo quello che gli aerei non avevano abbattuto."

Fin qui De Gasperi, nel 1946.

Perché non sembriamo capaci oggi di dare una visione sintetica ma comprensiva di tutte le articolazioni di quella lotta?

E’ a questa domanda che dobbiamo dare una risposta corale che -nella legittima articolazione del dibattito- consenta la costruzione di una visione d'insieme utile alle nuove generazioni ed alla Patria comune.

Ho citato Alcide De Gasperi anche come omaggio ad una fase della nostra storia in cui lo scontro ci fu e fu duro, ma il livello culturale morale e politico dei gruppi dirigenti evitò comunque al Paese il peggio, sia perché - unico tra i paesi dell'Asse- non subì una prolungata occupazione straniera, sia nel senso di una difficile ma efficace ripresa, che non fu mancata.

Ma cito anche quello che disse un anno fa in una occasione analoga Antonio Amoretti, presidente dell' Anpi di Napoli, "partigiano bambino" come veniva chiamato per la sua precoce partecipazione alle Quattro Giornate di Napoli: «La Resistenza fu di tutti e non di una parte: così se ne è perso il valore»

Ne parlo volentieri a Milano, dove l'Anpi ha assunto -e ne siamo grati all'impegno di Roberto Cenati e degli altri compagni- posizioni che abbiamo condiviso.

E' lo spirito unitario che non ha sottovalutato il ruolo delle altre associazioni, quello dei militari combattenti e degli internati militari, dei perseguitati per odio razziale e di tutte le vittime innocenti.

Uno spirito che sono sicuro saremo insieme capaci di rilanciare anche con la ripresa delle attività della Fondazione "Corpo Volontari della Libertà" a cui stiamo unitariamente lavorando.

Mario Artali

Lunedì 23 aprile 2018