Aldo Aniasi
(Non c’è certo bisogno di ricordare ai nostri lettori chi è stato Aldo Aniasi, e molte volte ci troveremo a parlarne in “Lettere ai compagni”. Iso ci ha lasciato il 27 agosto del 2005, e come tutti gli anni lo ricorderemo in autunno nel “suo” Circolo di via De Amicis a Milano.
Non era però almeno per noi pensabile dar vita a questa modesta iniziativa senza qualcosa su di lui: abbiamo scelto quello che allora scrisse un altro grande amico e compagno, Gaetano Arfè)
Grazie, Iso
Grazie, Iso
Nei commenti che ho letto sulla scomparsa di Aldo Aniasi una cosa non e' stata detta, che egli nella sua duplice veste di presidente della Fiap, la Federazione italiana delle associazioni partigiane fondata da Ferruccio Parri a tutela dell'autonomia della Resistenza, e di direttore della rivista "Lettera ai compagni" che ne e' l'organo, e' stato l'uomo di punta nella battaglia rivolta a contrastare il passo e a rispondere colpo per colpo all'offensiva ideologica metodologicamente miserevole e faziosamente strumentale rivolta a offuscare la storia della Resistenza e a ridurla a un triste e marginale episodio di guerra civile nella fase finale della guerra contro il nazifascismo. In questo lavoro nulla egli ha concesso alla nostalgia. La difesa della Resistenza era per lui il tema di una battaglia politica, era aspetto e momento di un piu' vasto e articolato impegno, e il circolo De Amicis da lui fondato e diretto con infaticabile assiduita' e con sacrificio personale e' stato lo strumento del quale si e' valso per alimentare la cultura militante nella sua Milano con iniziative che non coinvolgessero l'organizzazione resistenziale. Se un giorno qualcuno ricostruira' il dibattito - che ha molto di ideologico e poco di storiografico in atto da molti anni e sempre piu' spudorato e virulento - intorno a questi temi, dovra' riconoscere che intorno a lui si e' costituito il solo nucleo di resistenza attiva e organizzata, lucidamente consapevole della posta in gioco, che di li' sono partite con esemplare continuita' iniziative culturali di alto livello, in cui testimoni autorevoli si alternavano a studiosi degni di questa qualifica. Non cerco' mai adesioni compiacenti di generali gallonati e di accademici esangui. La sua rivista colse per tempo quanto di pericolosamente ambiguo, di deviante e anche di metodologicamente scorretto ci fosse nella formula della "guerra civile" o nell'omaggio reso ai "ragazzi di Salo'", e non si limito' a segnalarlo ma ne fece temi dominanti della propria problematica storiografica. Un'antologia di scritti apparsi su "Lettera ai compagni", oltre ad essere un dovuto omaggio alla sua memoria, darebbe un contributo importante di idee e di passione a un dibattito mai concluso e nel quale sempre piu' discontinua e fioca e' la risposta della cultura democratica del nostro paese che sta perdendo la "battaglia delle idee" senza neanche rendersi conto che la battaglia e' ancora in corso. Il mio ultimo contatto telefonico con Aniasi risale a qualche settimana fa ed ebbe a oggetto la richiesta di uno scritto a sostegno di una proposta che gli avevo suggerita e per la quale si era gia' adoperato col consueto impegno, quello di chiedere che tra i tanti busti, non tutti illustri, disseminati nei corridoi del Senato due ne venissero immessi, di due uomini che hanno onorato nel piu' alto e nel piu' nobile dei modi la storia d'Italia, Ferruccio Parri e Altiero Spinelli, il capo della Resistenza e il padre dell'Europa unita. Ne' l'uno, ne' l'altro avrebbero motivo di compiacersi dei risultati raggiunti, ma i promotori, se ci saranno, potrebbero diventare anche gli assertori di un impegno a riprendere e a calare nella realta' i motivi della loro battaglia. "Cammini dritto chi non e' gobbo", era l'antiretorico motto di Parri che il partigiano Iso aveva fatto proprio. E' il motto al quale egli ha improntato la sua vita e che ci lascia come monito con la sua morte. Grazie, Iso.
Nei commenti che ho letto sulla scomparsa di Aldo Aniasi una cosa non e' stata detta, che egli nella sua duplice veste di presidente della Fiap, la Federazione italiana delle associazioni partigiane fondata da Ferruccio Parri a tutela dell'autonomia della Resistenza, e di direttore della rivista "Lettera ai compagni" che ne e' l'organo, e' stato l'uomo di punta nella battaglia rivolta a contrastare il passo e a rispondere colpo per colpo all'offensiva ideologica metodologicamente miserevole e faziosamente strumentale rivolta a offuscare la storia della Resistenza e a ridurla a un triste e marginale episodio di guerra civile nella fase finale della guerra contro il nazifascismo. In questo lavoro nulla egli ha concesso alla nostalgia. La difesa della Resistenza era per lui il tema di una battaglia politica, era aspetto e momento di un piu' vasto e articolato impegno, e il circolo De Amicis da lui fondato e diretto con infaticabile assiduita' e con sacrificio personale e' stato lo strumento del quale si e' valso per alimentare la cultura militante nella sua Milano con iniziative che non coinvolgessero l'organizzazione resistenziale. Se un giorno qualcuno ricostruira' il dibattito - che ha molto di ideologico e poco di storiografico in atto da molti anni e sempre piu' spudorato e virulento - intorno a questi temi, dovra' riconoscere che intorno a lui si e' costituito il solo nucleo di resistenza attiva e organizzata, lucidamente consapevole della posta in gioco, che di li' sono partite con esemplare continuita' iniziative culturali di alto livello, in cui testimoni autorevoli si alternavano a studiosi degni di questa qualifica. Non cerco' mai adesioni compiacenti di generali gallonati e di accademici esangui. La sua rivista colse per tempo quanto di pericolosamente ambiguo, di deviante e anche di metodologicamente scorretto ci fosse nella formula della "guerra civile" o nell'omaggio reso ai "ragazzi di Salo'", e non si limito' a segnalarlo ma ne fece temi dominanti della propria problematica storiografica. Un'antologia di scritti apparsi su "Lettera ai compagni", oltre ad essere un dovuto omaggio alla sua memoria, darebbe un contributo importante di idee e di passione a un dibattito mai concluso e nel quale sempre piu' discontinua e fioca e' la risposta della cultura democratica del nostro paese che sta perdendo la "battaglia delle idee" senza neanche rendersi conto che la battaglia e' ancora in corso. Il mio ultimo contatto telefonico con Aniasi risale a qualche settimana fa ed ebbe a oggetto la richiesta di uno scritto a sostegno di una proposta che gli avevo suggerita e per la quale si era gia' adoperato col consueto impegno, quello di chiedere che tra i tanti busti, non tutti illustri, disseminati nei corridoi del Senato due ne venissero immessi, di due uomini che hanno onorato nel piu' alto e nel piu' nobile dei modi la storia d'Italia, Ferruccio Parri e Altiero Spinelli, il capo della Resistenza e il padre dell'Europa unita. Ne' l'uno, ne' l'altro avrebbero motivo di compiacersi dei risultati raggiunti, ma i promotori, se ci saranno, potrebbero diventare anche gli assertori di un impegno a riprendere e a calare nella realta' i motivi della loro battaglia. "Cammini dritto chi non e' gobbo", era l'antiretorico motto di Parri che il partigiano Iso aveva fatto proprio. E' il motto al quale egli ha improntato la sua vita e che ci lascia come monito con la sua morte. Grazie, Iso.
Gaetano Arfè
Gaetano Arfè
"Il manifesto" del 31 agosto 2005
"Il manifesto" del 31 agosto 2005